Si pendi allora alla rivoluzione francese, all'unità del popolo vietnamita le cui radici risalgono a millenni fa e si pensi a "questa unità" italiana che risale a poco più di cento anni.
Soffermatevi a pensare al modo con cui fu fatta l'Italia tramite una brutale colonizzazione attuata dallo Stato del Piemonte, Stato tipicamente "Francese" che unificò con la forza ciò che non esisteva in natura, perché un popolo italiano non era mai esistito storicamente; giuste e significative le parole del rappresentante di questa unità, Massimo D'Azeglio: "Ora che abbiamo fatto l'Italia, ora dobbiamo fare gli italiani."
Ma è possibile fare un popolo dall'alto? Quale fase racchiude la vera storia d'Italia. Non fu Roma elemento unificatore con la sua politica del "divide ed impera", con la sua minoranza di cittadini romani e di cittadini non romani; con la sua fortissima struttura tecnocratica, militare e burocratica, sintetizzata nella nota espressione "dura lex, sed lex!"
Non fu certo la chiesa elemento unificante con il suo feudalesimo ed il suo "oscurissimo" Stato.
Non fu certo quindi l'elemento unificante la colonizzazione del Nord del Piemonte sul "meridionale" sud. Ma l'unificazione doveva essere fatta, lo esigeva la ragione di Stato capitalista inglese, francese e prussiana, famelica sulla declinante Austria, cosiddetto cannibalismo del potere o "vinca il migliore".
In un modo diverso (altri tempi) ma uguale nella linea di capitalismo-potere di uno stato o più stati e, naturalmente per l'Europa moneta unica, la classe capitalista capisce che è meglio spartire il potere.
Ma torniamo all'Italia, cosicché immani orrori di due grandi guerre furono necessari per raggiungere "questa" unità, per fare "questo popolo", popolo d'Italia.
Inoltre la lotta partigiana contro il nazifascismo inciderà poco sulla falsa unità, perché tale lotta sarà ipotecata dallo stalinismo, espressione non certo di classe rivoluzionaria, ma espressione di classe statuale, sicuramente classe imperiale.
Così con la guerra si obbligarono popolazioni, di contesto storico diverso ad abbandonare la propria cultura legata al territorio, a combattere altre popolazioni, senza sapere il perché.
Adesso non è più possibile separa la lingua dalla sua storia e separare un paese dalla sua lingua.
Studiando la storia di una lingua si studia la sua natura e viceversa.
Ed allora, per la natura, per la storia, della lingua latina, si tratta di utilizzare sempre meno quelle lingue per scopi sacri di libertà, perché non può rispondere, per la storia di dominio, ivi contenuta, alla sacralità del rito, pena (se non si sta bene attenti) all'evocazione di forze di morte del rito stesso e su quanti lo eseguono o pena l'inefficienza del rito.
Non si tratta di disprezzare la cultura della società dominata dall'impero, ma si tratta di capire i limiti di una cultura condizionata sempre più da una lingua sempre più imperiale.
Ma l'Italia ha come l'Europa una grande ruolo da compiere per gli interessi della classe capitalistica e curiale nel mondo.
I fatti lo dimostrano; essi sono solo uno Stato, non una nazione; in essa non esiste un popolo, ma solo frammenti avviliti di nazionalità, frammenti di popolo il cui cuore e cervello sono stati violentati per scopi capitalistici e non umanitari di fratellanza.
Nazione e popoli sono gli Ebrei, nazioni e popoli sono i Pellerossa, nazioni e popoli sono gli Zingari, nazione e popoli sono i Sikh con tutte le contraddizioni di assoggettamento di classe, oltre ai quali esiste qualche altro caso di reale nazionalità?
Ognuno cerchi di rispondere a questo scritto aggiungendo concetti propri, cercando sempre di dialogare con fatti nei loro aspetti palesi e occulti, nel loro aspetto particolare e generale.